Neurinoma dell'acustico con conservazione dell'udito

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Il neurinoma del nervo acustico

(Schwannoma vestibolare)

das akustikus neurinom

faszination und perfektion

in microneurochirurgische technik

 

Considerazioni generali

Tracciare la storia del trattamento di questo tumore benigno dell’angolo ponto- cerebellare è questione complessa ed assai lunga.

Negli anni ’60, a Los Angeles, il gruppo Otologico di William House ,con la collaborazione del Neurochirurgo W. Hitselberger, applicò per la prima volta il microscopio operatorio alla chirurgia del neurinoma, mettendo a punto e schematizzando le vie di accesso otologiche (via della fossa cranica media e via translabirintica) per la rimozione di questi tumori. Si ottenne così l’ottimizzazone dei risultati relativamente alla rimozione totale del tumore ed alla preservazione anatomica e funzionale del nervo facciale .Così, nel corso di alcuni anni, il gruppo di Los Angeles divenne leader nel trattamento di questi tumori, benigni per natura, ‘maligni’ per sede e localizzazione e sintomatologia tardiva, di tipo neurologico.

Il neurinoma nasce, nella gran maggioranza dei casi, a livello del nervo vestibolare ( superiore o inferiore), in corrispondenza del passaggio tra il rivestimento mielinico centrale e quello periferico, nella così detta transition zone, dove tutto, dall’anatomia delle fibre, consistenza della mielina e fine vascolarizzazione intraneurale, è più fragile (fig.1). Il  neurinoma (schwannoma)vestibolare, è chiamato neurinoma dell’acustico per la sintomatologia clinica, che, in una prima fase otologica, è a  carico del nervo uditivo (nervo cocleare propriamente detto) per un evidente effetto compressivo e, talora, persino destruente delle fibre uditive da parte delle cellule tumorali in fase di attiva crescita. Essenzialmente per questa sintomatologia il neurinoma diventa diagnosticabile.

 

I sintomi iniziali

Essi sono costituiti da ipoacusia ‘telefonica’ , cioè alterata comprensione del significato di parole e frasi, da acufeni (ronzii e fischi all’orecchio), diminuzione progressiva dell’udito dal lato della neoformazione.

Appena il paziente, affetto da questi sintomi, si rivolge allo specialista, questi dovrebbe eseguire un audiogramma tonale, un esame dei potenziali evocati acustici  ed una RMN con gadolinio per lo studio di dettaglio del condotto uditivo interno, del suo ‘fondo’ e dell’angolo ponto-cerebellare che contiene il ponte di Varolio ed il tronco encefalico.

La diagnosi, da sospetta, diviene certa solo con la risonanza magnetica.

Ed allora, di fronte ad un neurinoma di pochi millimetri, cresciuto nel condotto uditivo interno o, d’altro canto, ad un espanso di parecchi centimetri che occupa tutto l’angolo ponto-cerebellare ( fase otoneurologica), magari con effetto di compressione/distorsione del ponte, escavazione del peduncolo cerebellare e del cervelletto (fase francamente neurologica) cosa fare?

Attendere  e controllare la crescita del tumore con la risonanza? Chirurgia immediata con tentativo di ‘rimuovere’ in toto il tumore? Chirurgia più limitata, in caso di neurinoma di dimensioni oltre i 3-4 centimetri, con possibilità di lasciare un residuo e poi di praticare un ‘follow-up’ nel tempo?

Problemi complessi, che tutti i pazienti si chiedono ed ai quali vorrebbero avere una risposta immediata e risolutiva. Questa non è sempre possibile, anche se il tipo di orientamento da attuare si basa essenzialmente sulla durata dei sintomi, sulla loro intensità e soprattutto dalla compromissione, da parte della crescita tumorale, delle strutture nervose dell’angolo ponto-cerebellare ( compromissione che caratterizza, come prima riferito, la fase neurologica del neurinoma).

 

Il trattamento del neurinoma dell’acustico una volta diagnosticato.

Il problema dei nostri giorni, oltre alla possibilità di asportare con completezza la neoformazione e preservare la funzione del nervo facciale, è centrato sulla possibilità di conservare l’udito e quindi l’anatomia e la funzione del nervo cocleare.

I grandi progressi attuatisi dal ‘60 ad oggi hanno portato alla drastica caduta della mortalità e morbilità chirurgica ed alla possibilità di preservare la funzione del nervo facciale nella maggior parte dei tumori anche di grandi dimensioni, quelli che contattano il tronco encefalico e ne deformano la normale configurazione e i contorni.

In tempi assai recenti l’attenzione della microneurochirurgia si è rivolta anche alla preservazione della funzione uditiva  a livelli preoperatori, o comunque a livelli di soglia tonale che consentano una ‘riserva’ uditiva in momenti di emergenza.

Per ottenere un risultato funzionale sull’ uditivo è necessario utilizzare vie di accesso al tumore che preservino il labirinto (coclea e canali semicircolari) ed anche il nervo uditivo nella sua struttura neurale e mielinica, nonché nella  sua vascolarizzazione.

La via chirurgica utilizzata soprattutto dagli otologi per raggiungere il neurinoma è quella  translabirintica, che prevede l’eliminazione di qualsiasi udito dal lato operato proprio perché viene asportato (‘fresato’) il labirinto, l’orecchio interno quindi, scrivendo sin dall’inizio la parola fine a qualsiasi tentativo funzionale sull’udito. Per tale motivo la via translabirintica, nella sua versione semplice od allargata (per i tumori di medie e grandi dimensioni), dovrebbe essere riservata ai casi in cui già preoperatoriamente non vi è più udito o lo stesso trovasi a livelli tali da far considerare la sua conservazione semplicemente  un ‘non senso’.

La via translabirintica, stante gli avanzamenti della neuroanestesia e delle tecniche di rilassamento del cervelletto, dovrebbe quindi non più occupare quello spazio e diffusione ad essa attribuiti negli anni passati. La via translabirintica, se si vuole praticare una via funzionale nei confronti della conservazione della funzione uditiva, è quindi obsoleta.

La funzione uditiva può essere conservata utilizzando le vie che non intaccano il labirinto, cioè l’orecchio interno o utilizzando un’apertura al davanti del seno laterale (via retrolabirintica presigmoidea) oppure con apertura dell’angolo pontocerebellare al di dietro del seno ( via retrolabirintica retrosigmoidea). Vi può essere una combinazione delle due vie (via combinata).

Vi sono ancora sostenitori del principio che, per tentare la conservazione dell’udito, la soglia tonale deve presentarsi ancora assai ben conservata, così come la discriminazione delle parole e del linguaggio. La regola del Gruppo otoneurochirurgico di Los Angeles prevedeva una curva tonale non inferiore ( come media delle varie frequenze) a 50db ed una discriminazione vocale migliore del 50%. Un udito che non rientri in questi limiti viene considerato ‘socialmente’ non utile e quindi non degno di essere preservato. Altri parametri prefissati di funzione uditiva preoperatoria si sono succeduti nel tempo,sino ai nostri giorni, sempre dimostrando l’artificiosità  di schemi predefiniti, di fronte alla enorme variabilità dei risultati ottenibili caso per caso.

L’Autore invece esprime la personale convinzione, in accordo con quella dei moderni microneurochirurghi del neurinoma, che il livello di udito preoperatorio debba essere tenuto sempre nel debito conto e che, in presenza di altre condizioni che elencheremo di seguito, sempre si debba cercare di conservare una soglia uditiva, perché in realtà  sempre utile, soprattutto per il paziente.

Quando la diversità della soglia tonale tra i due lati è superiore ai 35/40dB è sempre l’orecchio migliore che si assume il compito di udire, essendo l’altro orecchio ‘messo a riposo’ dal cervello. Tuttavia, anche un udito non ‘utilizzato’ nella vita comune può dimostrare la sua validità in condizioni di stimolazione sonora assai intensa, che raggiunga il livello della soglia uditiva presente dal lato operato, attivando anche questo udito postoperatorio. In questo caso anche l’orecchio non normale ‘sente’, con una funzione uditiva di “emergenza” si potrebbe dire e la corteccia uditiva viene attivata. Inoltre, anche in presenza, come residuo della chirurgia, soltanto di una soglia tonale e non più di una discriminazione (comprensione) del linguaggio parlato, anche questo udito, che non interferisce con quello normale né disturba l’altro orecchio, manifesterebbe il proprio apporto di sensazione sonora in occasione di intensa stimolazione, magari contribuendo alla percezione di un segnale sonoro improvviso e pericoloso e a ristabilire una certa discriminazione della direzionalità (provenienza) di questi segnali, evitando situazioni di pericolo inaspettato ed offrendo al paziente operato le migliori possibilità di allarme uditivo e di difesa.

La conservazione uditiva è pertanto sempre auspicabile, anche a livello di udito tonale, per le funzione di allarme e di ‘ warning signal’ che esso può fornire.Qualora invece l’udito sia preservato al punto da consentire la comprensione delle parole,vuoi in una bassa percentuale, vuoi al 50% o più, il risultato non potrà che essere considerato sempre più utile, anche nella vita di relazione.

Le vie chirurgiche ‘funzionali’, cioè volte alla preservazione uditiva, saranno quindi quelle retrolabirintiche,o presigmoidee  o retrosigmoidee.

In questa direzione ci si deve muovere, sempre e costantemente, se la possibilità di conservazione, non solo anatomica, ma anche funzionale del nervo cocleare (nervo uditivo propiamente detto) di fatto fa parte delle possibilità dell’attuale microchirurgia.

Il fattore limitante nella scelta di una via funzionale o meno è dato quindi non più dal livello e dalla qualità dell’udito preoperatorio, ma dalla dimensione raggiunta dal neurinoma e dal fatto che raggiunga o meno, occupandolo, il fondo del condotto uditivo interno.

La dimensione oggi considerata accettabile per un tentativo funzionale è che il neurinoma non sia fortemente incuneato nella zona di emergenza del nervo uditivo e che, possibilmente, non raggiunga il fondo del condotto uditivo interno. In presenza di espansi che comprimono ed esercitano una distorsione sul tronco encefalico, risulterà assai difficile conservare un qualsiasi tipo di udito, per gli effetti di distorsione, compressione e compromissione della vascolarizzazione esercitata dalla parte più mediale del neurinoma (cioè quella che si introduce all’interno del tronco encefalico e della zona di emergenza dei nervo vestibolo coclearie, detta ‘root entry zone’ o REZ)) determinandone una distorsione/compressione/ devascolarizzazione ed ischemia.

Il fatto che il tumore raggiunga in pieno il fondo del condotto uditivo interno, imponendo di ‘fresare’, cioè asportare la porzione ossea posteriore del condotto, aumenta i rischi di aprire il canale semicircolare posteriore, o il vestibolo, con la fresa stessa, provocando una labirintectomia iatrogena e conseguente perdita irreversibile dell’udito,come se si fosse praticata una via translabirintica.

Alcuni chirurghi ,indipendentemente dalla soglia preoperatoria e della utilità sociale (termine peraltro artificioso e non rispondente ad un substrato di oggettività) dell’udito preoperatorio eseguono sempre la via translabirintica, altri quella retrolabirintica retrosigmoidea, riservando l’accesso presigmoideo agli espansi più piccoli(1-1,5 cm nell’angolo).

A questo proposito non appare quindi logico, stante le tecnologie attuali, praticare sempre la via translabirintica, anche se con questa viene enfatizzata una migliore possibilità di preservare la funzione del nervo facciale. La deliberata ed aprioristica abolizione dell’udito preoperatorio significa sacrificare per sempre la funzione di un nervo cranico altamente complesso come quello cocleare, senza più rimedio e nemmeno senza una valida giustificazione sul piano etico. Inoltrem, nelle vie di accesso retrolabirintiche, ugualmente se non di più rispetto alla via translabirintica, è dato ottenere la conservazione anatomo-funzionale del nervo facciale, evitando la paresi o paralisi post-operatoria.

In pratica: la via di accesso translabirintica, descritta ed applicata su vasta scala dopo i raffinamenti tecnici e l’introduzione del microscopio operatorio da parte di W.House e W.Hitselberger di Los Angeles (inizi anni ’60) trova oggi la sua razionale applicazione nei seguenti casi: nella exeresi di neurinomi di qualsiasi dimensione che abbiano già provocato la perdita completa o pressoché completa della funzione uditiva (solo alcune frequenze ancora presenti a livelli tonali di 80-90 decibels) e che, contemporaneamente, raggiungono il fondo del condotto uditivo interno. Quest’ultimo problema rende arduo e difficoltoso, proprio per ragioni anatomiche, il successo funzionale sull’udito; nei casi di tumori che si presentino fortemente incuneati nel peduncolo cerebellare e nel ponte, con sicura compromissione dell’anatomia e della vascolarizzazione del nervo vestibolo-cocleare.

La via translabirintica è inoltre sempre da evitare quando ,contemporaneamente ad un neurinoma da un lato, coesista una sordità media, grave o profonda controlaterale.

In tutti i restanti casi sono indicate le vie funzionali retrolabirintiche,sia presigmoidee che retrosigmoidee, nelle mani di microneurochirurghi con provata conoscenza della fossa posteriore ed esperienza operatoria sulle patologie neurologiche dell’angolo ponto-cerebellare.

Alcuni chirurghi, di fatto, preferiscono applicare sempre la via retrolabirintica, ,in genere retrosigmoidea, per ottenere quantomeno la preservazione anatomica del nervo coclearie, presevando il più possibile la vascolarizzazione e quindi la possibilità di conservare una qualsiasi forma di funzione uditiva postoperatoria.

Ogni caso deve quindi essere vagliato, preoperatoriamente, dal punto di vista audiologico e neuroradiologico, per la scelta più adeguata della via di accesso, senza tuttavia dimenticare che la preservazione della funzione uditiva è oggi considerata dai microchirurghi funzionali quella da perseguire con maggior impegno, al di là di assai poco significative definizioni prechirurgiche sulla qualità dell’udito ed alla sua più o meno evidente ‘utilità’ sociale.

 

Note di tecnica operatoria

Via translabirintica (semplice od allargata)

La  via consente di accedere al condotto uditivo interno ed alla parte del neurinoma espanso nell’angolo ponto-cerebellare attraverso la fresatura dell’osso temporale e dell’orecchio interno. La perdita uditiva, se è presente un udito preoperatorio, e’ quindi insita nella via di accesso,  ancora prima di raggiungere il tumore. Vi sono reperi ossei per assicurare la individuazione del nervo facciale e del suo decorso, sino all’emergenza dal tronco encefalico. Aperto il condotto uditivo interno, con esposizione del tumore endocanalare, si effettua lo svuotamento intracapsualre della porzione di neurinoma espansa nell’angolo, isolando poi la capsula del tumore dai nervi e dai vasi, nonché dall’aracnoide, circostanti. Le limitazioni di questa via sono dovute alla ristrettezza del campo operatorio, specie nei casi in cui l’anatomia non consenta, anche negli accessi allargati, di ottenere piena visuale su tutti i nervi e strutture vascolari. In condizioni favorevoli essa consente anche l’asportazione di neoplasie voluminose, sempre impegno delle strutture cerebellari, che possono mantenere, in parte, una posizione intradurale.

La breccia ossea viene tamponata, alla fine dell’exeresi del neurinoma, con grasso addominale.

Via retrolabirintica presigmoidea

Fig.2

 

Meglio definita come retrolabirintica transmeatale semplice od allargata, la via di accesso consente di fresare il condotto uditivo interno sino in prossimità del suo fondo, mantenendo le strutture labirintiche indenni. Il tumore non deve superare mediamente 1-1,5 cm di crescita nell’angolo ponto- cerebellare, se si vuole la certezza di ottenere,dopo lo svuotamento intracapsulare, la mobilizzazione della capsula dai nervi, in particolare il nervo facciale e uditivo.

 

Via retrolabirintica retrosigmoidea transmeatale ovvero la ‘vera’ via di accesso neurochirurgia (EXTREME-LATERAL-IUXTA SIGMOID APPROACH  /  E.L.I.S.A. di A.Gandolfi)

Fig.3-7

 

Via neurochirurgia per eccellenza, questa via espone una limitata porzione della corteccia cerebellare, adeguatamente protetta  ad evitarne il traumatismo. La visione sull’angolo ponto- cerebellare, è completa, dalla sua estremità trigeminale, sino ai nervi glossofaringeo e vago. I vasi si dominano in tutto il loro decorso. Lo spazio operatorio non presenta sottosquadri (fig.8). E’ possibile utilizzare la deliquorazione dell’angolo per ottenere piena visuale sul tumore, senza più impiegare le spatole. Se necessario, come nei tumori di dimensioni superiori ai 3-3,5 cm, le spatole autostatiche devono ‘sorreggere’ il cervelletto verso l’alto, per non esercitare trazioni sull’asse del nervo vestibolo-cocleare, causandone ‘fratture’ o emorragie endococleari ( sempre per effetto di trazione).

Questa via, portata al limite con il seno sigmoide ed il seno traverso (via retrosigmoidea laterale estrema, detta anche via E.L.I.S.A. (cioè ‘extreme lateral - iuxta - sigmoid approach sec. A.Gandolfi) consente di identificare,dopo fresatura della parete posteriore del condotto uditivo interno, il tumore in esso accresciuto ed anche le singole strutture neurali, tra cui il nervo facciale ed uditivo, per progressiva e cauta dissezione smussa.E’ importante, per evitare l’apertura del canale semicircolare posteriore, non portare la fresatura ossea della parete posteriore del condotto, oltre la piccola apertura del canale del nervo singolare. La porzione di tumore espansa nell’ angolo ponto-cerebellare, può essere di qualsiasi dimensione, richiedendo, a seconda del caso, solo una craniectomia mastoido-occipitale più o meno ampia. Lo svuotamento intracapsulare viene praticato con facilità ed il nervo uditivo viene di solito trovato alla sua emergenza al tronco (R.E.Z.) e seguito verso la periferia nella porzione INFERIORE del tumore. Lo scollamento atraumatico del nervo cocleare consente l’immediato reperimento del nervo facciale, che verrà da questo momento anch’esso seguito e protetto verso la periferia e la porzione intracanalare. In questa via, la visualizzazione diretta del fondo del condotto uditivo interno talora richiede l’uso di microspecchietti o di sottili fibre ottiche. Il condotto viene tuttavia aperto sino a raggiungere la sua prossimità (1-2mm). Il neurinoma è sgusciato dal fondo stesso con appositi strumenti smussi e con l’aiuto dei predetti specchietti microchirurgici o dell’endoscopio, oppure variando l’incidenza dell’asse del microscopio operatorio per ottenere la massima visualizzazione della porzione più distante del tumore, quella innicchiata negli ultimi millimetri di canale osseo, si ottiene la certezza visiva che è stata di fatto raggiunta la ‘radicalità chirurgica’.

Questa via si propone  come quella funzionale per eccellenza, consentendo non solo la rimozione di tumori di qualsiasi dimensione, ma la possibilità di tentare sempre la preservazione dell’udito, vuoi a livello tonale liminare, vuoi a livello di mantenere una certa discriminazione vocale, vuoi soltanto di conservare l’integrità anatomica del nervo uditivo per future applicazioni di stimolatori neurali.

Questo approccio, assai sperimentato e rapido nella sua esecuzione pratica, è preferito per esperienza e tradizione dai neurochirurghi, mentre la via retrolabirintica transmeatale presigmoidea e quella translabirintica sono più  proprie dell’esperienza degli otologi.

 

CONSIDERAZIONI SCIENTIFICHE  SULL'OPPORTUNITA'  DI PRESERVARE QUALSIASI FUNZIONE UDITIVA

Preservazione dell'udito significa mantenimento della integrita' anatomica e funzionale del nervo acustico.

Una soglia uditiva non inferiore a 5O dB ed una capacita' discriminativa uguale o superiore a l  5O% vengono comunemente ritenuti come limiti di funzione uditiva preoperatoria che “autorizzano” un intervento conservativo di questa funzione.

Un concetto più ampio, privo di restrizioni aprioristiche verso il mantenimento delle funzioni neurali, vorrebbe che anche l'udito rilevabile come semplice soglia tonale, non accompagnata da discriminazione delle parole e delle frasi socialmente utile, costituisca comunque un risultato chirurgico desiderabile.

In effetti, anche se la  soglia tonale può ed in effetti riflette una funzione neurale a livelli molto semplici, essa merita comunque considerazione, per una serie di ragioni.

Singoli rilievi di discriminazione vocale (cioè  capacità di comprendere parole e frasi a senso compiuto) non possono essere rappresentativi  delle globali  possibilità discriminative del paziente con neurinoma dell'acustico, in quanto la percezione del linguaggio incorpora numerosi e più complessi aspetti tra cui:  la capacità discriminativa del linguaggio nel rumore, la localizzazione della sorgente sonora, l'interazione con la lettura labiale e gli effetti della “ridondanza del linguaggio”.

Inoltre gli scores o punteggi di discriminazione, quando situati al di sotto dell'8O-9O%, mostrano una varianza intrinseca assai ampia: per un punteggio del 5O% ottenuto con una lista di 25 parole, i limiti di confidenza del 95%  si situano tra il 28% ed il 69%, in accordo alla distribuzione binomiale degli scores (punteggi)  di discriminazione.

Pertanto in questa sede si considera quale pre-requisito necessario e sufficiente al fine di tentare la conservazione dell'udito la presenza di una qualsivoglia soglia tonale pre-operatoria.

I criteri audiologici preselezionati, a qualsiasi livello vengano posti per stabilire la “candidatura” ad una chirurgia che cerchi la preservazione uditiva, possono condurre alla esclusione di pazienti  dalla conservazione del loro patrimonio uditivo pur esiguo che sia ed  escluderne alcuni dal miglioramento della funzione in fase postchirurgica rispetto al livello preoperatorio.

L'udito che ci si propone di  conservare e' quindi   una funzione del tutto IMPERFETTA, ma di fatto presente. Questo udito “imperfetto” puo' non essere utile nella percezione verbale ed in effetti  il livello medio del discorso parlato è intorno a 6OdB.

D'altra parte un udito imperfetto  puo' diventare utile nel mantenimento della percezione dello spazio acustico e per la localizzazione di stimoli sonori ambientali particolarmente intensi, di gran lunga eccedenti i 6O dB.

Le basse frequenze, importanti nel procedimento acquisitivo del linguaggio, sono quelle che in modo particolare dovrebbero essere risparmiate. Pur non disponendo di dati che convalidino la superiorita' della performance acustica nei pazienti  con preservazione uditiva di questa entita', allo stesso modo non disponiamo di dati che dimostrino la maggiore efficacia del contrario.

In termini generali potrebbe risultare non produttivo il tentativo di preservare una funzione uditiva solo ed esclusivamente se altamente qualificata, che sia pressoche' sovrapponibile ad un udito normale.

Si intende soltanto sottolineare il fatto che  la sussistenza di un convettore di uno stimolo sonoro possa e debba essere supportata da un nervo  almeno abilitato alla percezione tonale.

La funzione che si intende mantenere, quindi, e' una funzione semplice, una specie di udito per situazioni di emergenza, un udito d'”allarme”, che si manifesti utile all'orecchio sano in situazioni particolari o per fornirgli ausilio qualora anche l'orecchio controlaterale sia (o lo diventi nel tempo) non perfettamente funzionante.

Per esempio un udito imperfetto dal lato operato, puo' consentire l'impianto di una protesi uditiva  (es. impianto cocleare) nell'orecchio opposto qualora esso subisca una perdita uditiva completa per qualsiasi ragione nel corso della vita.

Nemmeno la dimensione del tumore, in linea teorica, costituisce un limite alla chirurgia volta a preservare l'udito.

Le limitazioni oggettive poste alla conservazione dell'udito sono rappresentate essenzialmente da reperti intraoperatori, non definibili in fase prechirurgica e quindi non costituenti una limitazione aprioristica nei confronti di un tentativo funzionale.

Durante l'atto chirurgico, qualora anche solo una parte delle fibre cocleari si presentino clivabili rispetto alla capsula del neurinoma, e' essenziale mantenere l'integrita' dell'arteria uditiva interna, nonche' l'integrita' delle arterie proprie del nervo acustico, specie nella zona di ingresso al tronco enecefalico, la” root entry zone”.

La condizione sine qua non per la preservazione uditiva si riporta alla conservazione dei vasi, alla opportunita' di arrecare il minimo danno chirurgico meccanico alle fibre del nervo, alla realistica possibilita' di trovare un clivaggio privo di tessuto tumorale tra  fibre ancora integre e la capsula del tumore.

Solo nel caso in cui tutto il nervo cocleare entri a pieno canale  dentro il tumore e debba quindi essere sezionato per consentire una completa asportazione della patologia sara' considerata perduta ogni possibilita' di preservazione dell'udito, anche inteso come udito imperfetto,   secondo la definizione data prima.

 

CONSIDERAZIONI  CONCLUSIVE

I criteri per selezionare i candidati ad un tipo d'intervento piuttosto che un altro non tengono pertanto conto di limitazioni pre-esistenti, artificiose, in quanto variabili da autore ad autore e sopratutto da paziente a paziente o qualsiasi altro elemento che limiti la candidatura alla conservazione di qualsiasi tipo di udito preoperatorio.

Il concetto di base e la filosofia operativa vuole essere quella di  cercare, con il potenziale microchirurgico disponibile  la possibilita'  del mantenimento, a livelli variabili, della funzione neurale, dal minimo di   una soglia tonale al massimo di una  discriminazione vocale utile.

Nelle casistiche maggiori di chirurgia funzionale  del nervo cocleare in corso di neurinoma e secondo  l'Autore, comprendendo sia i casi di conservazione di un udito imperfetto sia quelli in cui si mantiene anche una certa percentuale di discriminazione vocale utile, la chirurgia funzionale del neurinoma dell'acustico, intesa a preservare qualsiasi funzione neurale pre-esistente all'intervento esita in un successo tra il 50 ed il 60% dei casi trattati.

 

Neurinoma dell’acustico

Lo schwannoma vestibolare, in termini più semplici neurinoma del nervo acustico, è una patologia che coinvolge strutture di alta complessità come i nervi cranici, che giocano un ruolo di primaria importanza nelle funzioni nervose superiori e in modo particolare in quella UDITIVA.

Per questo il tentativo di preservare questi nervi è così importante: poter conservare l’udito una volta rimosso il tumore è la richiesta principale di chi si sottopone a un’operazione di questo tipo.

Tuttavia le problematiche techiche e relativie difficoltà non sono poche.

Nel trattamento chirurgico del neurinoma, la via chirurgica oggi praticata per la conservazione dell’udito si chiama extreme lateral iuxta sigmoid approach  (via E.L.I.S.A. secondo A.Gandolfi).

Questa tecnica, costituita da un accesso alla regione del tumore, assai laterale nella base cranica posteriore, offre due vantaggi: la massima protezione del cervelletto, e la massima esposizione del tumore, delle strutture vascolari e di quelle nervose.

In questo modo è possibile isolare il neurinoma e tentare di preservare la struttura anatomica del nervo facciale e di quello uditivo, in modo da mantenere le loro funzioni dopo l’operazione.

Ma se il tumore è grande (3 – 4 centimetri), come si può pensare di salvare le fibre uditive compresse e devascolarizzate dalla crescita tumorale? Spesso i tentativi sono destinati a fallire.

Per questo si possono proporre modifiche tecniche alla via E.L.I.S.A., consistenti nell’ allargare la via di accesso interrompendo il seno sigmoide dal lato del neurinoma, se possibile dai dati agiografici pre-operatori.

In questo modo si possono identificare molto meglio i piani di separazione della capsula del tumore dal cervelletto ed avvicinarsi di più alla porzione laterale dello stesso,a livello del condotto uditivo interno.

Quindi, dopo aver verificato con l’angiorisonanza che l’altro seno venoso sia pervio, la via di accesso combinato ELISA/ transigmoidea (ELISA / TS) sarà molto più sicura di quella tradizionale.

In caso di neurinomi ancora più grandi, che non abbiano però provocato una perdita uditiva profonda, propongo ai pazienti un intervento in due stadi: nel primo stadio, sempre con via ELISA / transigmoidea, si toglie quanto più tumore possibile,lasciando possibilmente intatti  i nervi.

In un secondo stadio, anche a distanza di molti mesi, si riapre la ferita precedente e si procede all’asportazione totale della neoplasia. La rimozione del tessuto residuo, e la possibile separazione dei nervi, saranno meno traumatiche.

Per compiere tali operazioni, è necessario che il neurinoma dell’acustico torni di piena competenza del micro-neurochirurgo, che ha esperienza di nervi e di chirurgia del sistema nervoso. Senza dimenticare la sorveglianza neurologica post-operatoria più adeguata del paziente operato e delle possibili complicanze.

 

Fig. 1. Lo schema mostra la costituzione anatomo - istologica del nervo cocleare. La zona di giunzione tra mielina centrale (oligodendroglia) e mielina periferica di Schwann, detta Obersteiner- Redlich zone,rappresenta un “luogo di minore resistenza”. I due tipi di mielina si intrecciano in modo complesso con la vascolarizzazione intraneurale. In questa area di transizione insorge il neurinoma.

Fig. 2. Via retrolabirintica pre- sigmoidea dx, trasmeatale. Il neurinoma di circa 2cm nell'angolo ponto- cerebellare è stato rimosso pressoché in toto ; un’ultimo frammento multilobato è visibile nella porzione inferiore della figura. Nervo cocleare preservato a dx; nervo facciale libero, al davanti del residuo tumorale; nervo vestibolare superiore a sin. Labirinto osseo conservato.

Fig. 3. Via di accesso E.L.I.S.A. (Extreme Lateral Iuxta-Sigmoid Approach) all'angolo ponto- cerebellare sin. ed al nervo cocleare. Questa via chirurgica consente di operare neurinomi di tutte le dimensioni, offrendo un' ampia "visuale" sul tumore, nervi e vasi ad esso adiacenti.

Fig. 4. Angolo ponto cerebellare dx. E' chiaramente visibile il neurinoma dell'acustico, le strutture neuro-vascolari e l'aracnoide. L’arteria cerebellare media (Aica) è situata caudalmente al polo inferiore del tumore. Questo si accresce nell’angolo ponto-cerebellare sporgendo dalla faccia mediale della rocca, in corrispondenza dell’apertura condotto uditivo interno (meato acustico interno). Quest'ultimo dovrà essere 'fresato' in toto per una exeresi totale della porzione intracanalare del neurinoma.

Fig. 5. Angolo ponto cerebellare sin,dove è presente un neurinoma dell'acustico di 2.5cm espanso al di fuori del condotto uditivo. Flocculo cerebellare protetto da silastic.Visibili vari fascetti vestibolari sulla capsula del tumore. Il nervo trigemino e la vena di Dandy si evidenziano sul lato destro della figura, i nervi glossofaringeo e vago sul lato sinistro.

Fig. 6. Angolo ponto cerebellare dx, totalmente occupato dalla porzione extrameatale del neurinoma dell’acustico. Le strutture vascolari e nervose, tra cui il nervo facciale ed il nervo cocleare (attualmente non visibili) saranno progressivamente evidenziate con tecnica di scollamento smusso e 'svuotamento intracapsulare' della massa neoplastica (debulking tumorale).

Fig.7 . Via E.L.I.S.A.. Angolo pontocerebellare sinistro. Il neurinoma è stato completamente asportato nelle sue porzioni extra meatale (cioè nell’angolo ) ed intrameatale (cioè nel condotto uditivo interno). Nervo trigemino sulla destra. Nervo facciale e nervo cocleare (uditivo ) sulla sinistra, in prossimità dei nervi misti. La via E.L.I.S.A. ha consentito l’asportazione in toto del tumore, la preservazione anatomica e funzionale di tutti i nervi dell’angolo, compreso quello uditivo.